In questa pagina pubblichiamo i testi degli interventi dei soci partecipanti al Congresso nazionale ANSE, svoltosi a Salerno il 17 e 18 giugno 2014.
Intervento di Vincenzo De Blasiis, delegato della Sezione Basilicata
Ha parlato il mio Presidente e quindi potrei affrancarmi di farlo, ma non voglio perdere l’occasione di esprimere alcune considerazioni da Delegato della Basilicata a questo Congresso.
Non preoccupatevi, sarò breve.
Nella situazione attuale sono un fortunato, in quanto posso fare un intervento scevro da emotività poiché da quattro anni non ricopro alcun incarico nella Sezione di appartenenza e quindi le informazioni in mio possesso sono sicuramente parziali ed ascoltate più per spirito di appartenenza che per interesse diretto nella conduzione di una realtà periferica, sebbene piccola.
Mi limiterò ad osservare alcune cose che si sono verificate ed altre che sono più attuali.
Se la memoria non mi tradisce, in un tempo non molto lontano, ho sentito definire i componenti di vertice dell’associazione con la seguente definizione: “Manager volontari”.
Convinto che le parole hanno un significato ben preciso, quella di “manager “ mi richiama una situazione produttiva organizzata in modo verticale con un “capo” e dei collaboratori che diventano esecutori di ordini.
Al contrario l’organizzazione orizzontale si sostanzia con un responsabile e dei collaboratori i quali hanno una loro autonomia di giudizio e di proposta che può essere confrontata con pareri altrettanto validi ma opposti.
Un’organizzazione così intesa, a mio giudizio, potrebbe essere più efficiente ed efficace se praticata in un’associazione.
Infatti, per il termine associazione una possibile definizione è la seguente: “ il radunarsi di più persone in un luogo” . Ciò designa un processo di “avvicinamento” – cioè di riduzione della distanza sociale, che poco s’identifica con posizioni del tipo dirigenziali più vicine alla classe dominante e quindi elitarie.
Già nell’Alto Medioevo i primi ad essere chiamati “borghesi” (la parola deriva dall’abitante dei borghi) furono gli artigiani, i maestri di bottega, i mercanti, i negozianti, gli osti, gli scrivani, i notai, i funzionari amministrativi, i medici, i maestri ed i precettori, gli artisti, i tipografi.
Mi scuso per questo richiamo storico, che faccio prima a me stesso, ma rende bene l’idea della pluralità di soggetti che s’identificano con il termine associazione e quindi ci porta a pensare ad una capacità di mediazione necessaria per il governo del gruppo così inteso.
In realtà, risalendo al significato di “ responsabile”, contenuto nell’organizzazione orizzontale, verifichiamo che il concetto di “ rispondere con abilità” è indispensabile e quindi non è produttiva una conduzione del gruppo con comportamenti di tipo autoritario o carismatico che al contrario descrivono il profilo del “capo” così inteso.
Nella situazione appena richiamata in alternativa al pensiero unico, le posizioni contrarie ci stimolerebbero analisi utili a rettificare gli errori che purtroppo si verificano (anche in buona fede, devo ritenere).
Chi non commette errori?
Errare è umano, perseverare è diabolico. Questo dice un vecchio adagio.
Il concetto di “capo” lo ritrovo, ancora una volta, nella predisposizione del modello di candidatura per le varie posizioni da eleggere in queste assise.
A me pare veramente un fatto squisitamente aziendale selezionare in base ad un curriculum che registra l’iter trascorso in servizio, avrei apprezzato che il curriculum, se proprio non lo si vuole eliminare, avesse richiamato esperienze di vita del tipo “ sono felicemente sposato da 42 anni e sono ancora innamorato di mia moglie, ho due figli e tre nipoti, due nuore che stimo ed apprezzo per la cura che hanno nell’allevare i propri figli, ecc.”.
Un curriculum di questo tipo metterebbe subito a nudo il grado di soddisfazione del soggetto verso la vita e quindi una predisposizione ad incontrare “ l’altro” e renderebbe più facile la convivenza.
Non è detto, a mio avviso, che il laureato che si è pensionato dall’ENEL con la qualifica di quadro al 16% è più meritevole di essere eletto rispetto a chi non ha detti requisiti, ma è più disponibile ad intrattenere migliori rapporti comunicativi con i soci.
Per non offendere la sensibilità di alcuno voglio precisare che l’esempio richiamato si riferisce solo a me.
D’altronde non mi pare che alcuni laureati, sia in azienda che in questa Associazione, si siano distinti per fare cose di straordinaria efficacia.
Un esempio per tutti: vertenza con Agenzia Entrate.
Il rapporto comunicativo con gli iscritti ha portato ad un notevole incremento delle adesioni all’Associazione; il sapere di alcuni laureati non è riuscito a schiodare l’Agenzia delle Entrate dalla sua posizione prevaricante ed opprimente per l’ingiusta tassazione dello sconto praticato dall’Enel sulla bolletta elettrica ai propri dipendenti.
Per uscire dal vago, perché ai laureati non è venuta l’idea di instaurare una class action che da un anno è possibile avviare secondo la vigente legislazione e trattare con l’Agenzia dell’Entrate per un rimborso almeno parziale delle somme versate?
Avrebbe questo recuperato coloro i quali hanno abbandonato l’Associazione?
Permettetemi di affermare che chi è in pace con se stesso in una situazione di contrasto con l’altro ha maggiore capacità di soffocare il proprio orgoglio ed offrire l’opportunità di riconciliarsi.
Le parole pronunciate da Papa Francesco in una delle ultime occasioni “ Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Con la guerra tutto è distrutto” dovrebbero darci la possibilità di pensare ad una gestione unitaria di questo congresso, specialmente se abbiamo a cuore il futuro dell’Associazione.
Una spaccatura sarebbe molto difficile da recuperare.
A nulla vale ritenere che non vi sia alcuna guerra in atto in questa Associazione, poiché posizioni di contrasto tra vari modi di intendere l’associazionismo me le ricordo fin dal tempo in cui il mio impegno nelle strutture associative era diverso e più intenso.
Devo registrare con rammarico che il “ pensiero alternativo” in questa Associazione non è stato apprezzato, ed invece è stato avvertito come un fastidio; infatti, coloro che all’epoca si fecero carico di esprimersi in modo contrario sono stati al momento opportuno per così dire “epurati”.
Ho ascoltato alcune cose che riguardano gli aspetti economici.
Non voglio entrare nel merito.
Mi limito solo a ricordare la richiesta di un Presidente di Sezione del Nord che a suo tempo ebbe a chiedermi “da voi i Responsabili, danno la loro quota per partecipare alle manifestazioni che organizzate”?
Ovviamente risposi di sì.
Al mio” sì”, si sentì sollevato.
Era scontato che nella sua realtà, alcuni avevano proposto ed ottenuto che si facesse il contrario.
Il mio ”sì” lo metteva nella condizione di regolarizzare quel vincolo che aveva accettato senza condividerlo.
Nel ringraziarvi per l’attenzione, formulo i migliori auspici per il futuro della nostra Associazione.
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Intervento di Prospero Figundio, Vice Presidente nazionale uscente
Questo Congresso è chiamato a rispondere in positivo alla domanda, dimostrandosi capace di comporre un quadro di idee che abbia come prospettiva il rinnovamento e il rilancio dell’Associazione, in armonia con le attuali esigenze del corpo sociale. Ciò significa uscire dal “dorato isolamento” che porta a considerarci come un sodalizio “particolare” per la nostra origine, scendendo dal virtuale piedistallo su cui amiamo collocarci per confrontarci con il mondo esterno, con realtà diverse dalla nostra. Significa dare senso alla scritta che campeggia sotto il logo sociale dell’ANSE (Associazione di solidarietà tra dipendenti e pensionati del Gruppo Enel), che rappresenta una vera e propria dichiarazione d’intenti, da onorare muovendoci nel solco dell’appartenenza aziendale e avvalendoci del patrimonio di esperienze accumulato.
Il mio non è un proclama retorico; è solo l’espressione di un socio, uno di voi, che ha vissuto intensamente e sofferto le vicende associative; di un socio al quale dispiacerebbe veder dissolto in poco tempo quanto è stato costruito con tenacia e passione da coloro che ci hanno preceduti e da noi stessi che oggi dobbiamo tracciare la rotta per i prossimi quattro anni.
A conclusione del mio intervento nella riunione dell’Assemblea nazionale del 27 e 28 marzo 2014 (perdonate l’autocitazione), dicevo semplicemente: confrontiamoci. E mi piace ripeterlo anche oggi. Usciamo da questa situazione che sembra essere più rivolta a cercare il modo per escludere dagli organismi questo o quel personaggio, perché considerato persona indesiderata, e dedichiamo unitariamente tutte le energie disponibili per costruire un quadriennio di rinnovamento, partendo dalle tesi congressuali che fino a prova contraria rappresentano un concreto esempio di unità, in cui gli interessi dell’Associazione hanno vinto sugli individualismi. Se saremo capaci di farlo, avremo onorato fino in fondo il mandato conferitoci dai soci e operato nel supremo interesse dell’Associazione.
Le Tesi congressuali offrono dunque tutti gli spunti necessari per comporre tale quadro. Spero che il dibattito congressuale sappia trarne le linee guida per il prossimo quadriennio.
Io voglio soffermarmi su un solo aspetto di carattere generale: la necessità per l’Associazione di rinnovarsi. Altrimenti coloro che di qui a poco saranno chiamati a reggerne le sorti, dovranno rassegnarsi a gestirne il lento ma inesorabile declino.
Ma in che consiste l’invocato rinnovamento?
Secondo il mio punto di vista, l’Anse deve caratterizzarsi maggiormente come soggetto di rappresentanza degli anziani del lavoro, uscendo dal tranquillo anonimato in cui si trova ad agire. Deve cercare di dare voce ai propri organizzati, i cui interessi sono spesso ignorati o comunque mal tutelati, anche ricorrendo a forme di collaborazione sistematica con organizzazioni omologhe allo scopo di “fare gruppo di pressione”.
Ci tocca oggi di assistere alla gogna mediatica cui sono sottoposti molti pensionati per il solo fatto di percepire una pensione più o meno dignitosa, che li porta ad essere considerati per definizione dei privilegiati. È questo il risultato di un odio sociale alimentato da pregiudizi e da malafede, perché dimentica volutamente che questi lavoratori la loro pensione se la sono costituita versando insieme al loro datore di lavoro puntualmente i contributi previdenziali per tutta la durata dell’attività lavorativa, alimentando i fondi pensione, al contrario di alcune categorie che la pensione l’hanno ottenuta per legge, a prescindere dall’entità dei contributi versati.
Questo clima avvelenato fa sì che trovino anche giustificazione nell’opinione pubblica provvedimenti legislativi iniqui, i quali fanno ricadere sui pensionati la maggior parte del prezzo della crisi del Paese, perché chi governa trova molto più agevole recuperare copiose risorse in un ambito in cui la protesta è quasi assente o sfilacciata e spesso si riduce al semplice mugugno dei singoli. Proprio così, la voce dei pensionati è molto flebile!
Qual’é il senso di questa considerazione? Mi pare chiaro che l’ANSE non può restare indifferente verso questi problemi. Deve fare molto di più per i suoi iscritti nel campo della tutela (attività prevista dall’articolo 2 dello Statuto), senza ovviamente trascurare le attività abitualmente svolte. Gli iscritti chiedono in definitiva all’Associazione di svolgere un ruolo attivo nel promuovere idonee iniziative in tale direzione con tutti i mezzi legalmente possibili, superando l’abituale prudenza che ha caratterizzato l’azione dell’ANSE. Non si tratta di cambiare i connotati dell’Associazione, si tratta invece di adeguare la sua azione ai tempi e alle necessità dei soci. Non farlo significa non rispondere alle attese dei soci, non solo; significa anche caratterizzarsi semplicemente come un’associazione di soli nostalgici. Cosa che è nostro dovere evitare!
Teniamo tutti a mente, però, alcune cose importanti. L’attuale contesto in cui ci muoviamo, e all’interno del quale si muove l’Associazione, impone il soddisfacimento delle seguenti esigenze:
1. Gli obiettivi si raggiungono solo con un gioco di squadra; non è possibile contare sulle idee del “capo”, prima perché ogni persona, nel corso della vita, può avere qualche buona idea (due? tre? quattro?), non di più, e poi perché l’Anse è costituita su basi democratiche, non dimentichiamolo. Occorre, perciò, puntare sul contributo attivo di tutti coloro che sono chiamati a collaborare alla gestione. L’intelligenza collettiva è certamente più capace di districarsi in un contesto complicato e certamente non molto favorevole ad associazioni come la nostra.
2. Il confronto costante visto come strumento per trovare soluzioni condivise e vincenti. Confronto non vuol dire contrapposizione o conflitto, come qualcuno erroneamente ritiene; vuol dire invece riconoscere diritto di cittadinanza alle idee e a chi le professa; vuol dire far maturare attraverso l’esame dei diversi punti di vista le convergenze necessarie. Chi dovesse pensarla diversamente ignora o fa finta di ignorare che il sale della democrazia risiede nelle idee, che vivaddio non è possibile sopprimere!
Ma perché una squadra funzioni devono sussistere queste condizioni di carattere generale:
- il coinvolgimento, perché gli individui devono conoscere non solo gli obiettivi che l’organizzazione vuole conseguire ma devono poter svolgere i propri compiti;
- la condivisione degli obiettivi da raggiungere;
- la fiducia dell’organizzazione tutta o quanto meno di larghissima parte di essa;
- la responsabilità intesa come capacità e spazio per decidere collegialmente sulle modalità per raggiungere gli obiettivi.
- la competenza e la disponibilità del socio che aspiri a ricoprire cariche nazionali a dedicarsi all’Associazione, dove disponibilità non significa assicurare una collaborazione estemporanea o la propria presenza alle riunioni istituzionali, bensì donare buona parte del proprio tempo all’Associazione e lavorare per essa con regolarità ed assiduità.
Per quanto mi riguarda, dopo lunga riflessione ho deciso di ripropormi come candidato. L’ho fatto per via della passione che mi lega all’Associazione e per rispondere alle sollecitazioni di molti di voi. Giudicatemi per il contributo che ho dato alla crescita dell’Anse e per il lavoro svolto e se sarò confortato dal vostro consenso continuerò a servirla con l’impegno di sempre. Nel caso contrario, prenderò serenamente atto del responso del voto.
Vi ringrazio e, al di sopra di ogni altra cosa, chiudo dicendovi: cari amici godetevi la bellezza di un voto in libertà!
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Intervento di Roberto Palmieri, membro del Comitato Direttivo nazionale uscente
Intervento di Roberto Palmieri, membro del Comitato Direttivo nazionale uscente
Il Presidente nella sua relazione ha fatto un’eccellente descrizione dell’attività svolta nell’ultimo quadriennio dal massimo organismo di governo della nostra Associazione.
Ha volutamente - ci ha detto - omesso di parlare dei contrasti sorti con alcuni componenti nell’ultimo anno.
lo faccio io per chiarezza e amore della verità e per dare una corretta informazione a tutti, raccontando gli accadimenti degli ultimi 11 mesi, quando ho visto scatenarsi in seno all’Associazione, un qualcosa che mai avrei potuto immaginare, considerate l’età e la storia dei protagonisti, ma soprattutto le finalità istitutive e statutarie dell’ANSE.
É scoppiato un tale intreccio di azioni e reazioni che sarebbero state “normali” in realtà economiche o di tipo lavorativo, politico, sindacale, dove solitamente si sviluppano lotte di potere, finalizzate all’esclusivo obbiettivo di procurarsi concreti e appetibili vantaggi economici.
Il tutto diventa ancor più paradossale se analizzo i fatti che hanno scatenato questo qualcosa che ancora oggi ho difficoltà a definire.
Una cosa è certa che tutto quanto è accaduto è stato provocato, perché è stata calpestata la democrazia attraverso il rifiuto di accettare una legittima votazione.
Per completezza d’informazione è opportuno conoscere le vicende registrate nei verbali delle tre riunioni del Comitato Direttivo Nazionale, tenutesi da luglio a ottobre 2013.
Per brevità e per non togliere spazio ad altri interventi faccio un excursus sintetico dei principali fatti:
1. Comitato Direttivo nazionale - Roma 10 luglio 2013 (verbale n. 33)
Pacini preannuncia l’intenzione di presentare nell’incontro successivo, per conto di Lino Lazzareschi, una proposta di modifiche statutarie.
Il Presidente esprime parere contrario alla proroga e propone di rimandare la discussione alla successiva riunione.
Riva ricorda che, a norma di Statuto, è possibile prorogare la scadenza e il rinnovo delle cariche sociali.
2. Comitato Direttivo nazionale - Roma 3 ottobre 2013 (verbale n. 34)
Riferendosi alla richiesta di modifiche statutarie presentate da Pacini nell’incontro precedente, Di Vincenzo esprime il parere che è giusto che se ne parli e comunica che egli stesso intende proporne altre e ritiene opportuno costituire un apposito Gruppo di Lavoro.
Pacini, prevedendo che la situazione possa complicarsi, affaccia l’idea di ritirare le sue proposte di modifica.
Figundio e Memo si oppongono al ritiro e sostengono che le stesse, che in ogni caso vengono fatte proprie, debbano comunque essere esaminate.
A fronte di tale reazione, Pacini, si dichiara disponibile ad aderire alla costituzione di un apposito Gruppo di Lavoro.
Il Presidente si dice non pregiudizialmente contrario al loro esame, purché ciò venga effettuato in breve tempo e non tenda a procrastinare lo svolgimento del Congresso nazionale.
Viene istituito il Gruppo di Lavoro, costituito da Figundio, Di Vincenzo e Riva e si decide di proporne i risultati al CDN nella riunione, fissata per il successivo 29 ottobre 2013.
3. Comitato Direttivo nazionale - Roma 29 ottobre 2013 (verbale n. 35)
Figundio, su invito del Presidente e quale componente del Gruppo, esplicita le motivazioni che hanno indotto il Gruppo stesso a proporre l’inaccoglibilità di tre delle cinque proposte e l’accoglimento delle altre due (“L’Allargamento della composizione dell’Assemblea di Sezione in sede di elezione del Comitato di Sezione e dei Delegati al Congresso” e “le modalità di nomina del Segretario e del Tesoriere: nazionali e di Sezione”).
Ne segue un animato dibattito alla fine del quale Di Vincenzo, propone di porre a votazione il
Documento del Gruppo di Lavoro che viene approvato maggioranza:
Voti favorevoli: Figundio, Memo, Di Vincenzo, Palmieri e Riva.
Voti contrari: Pardini e Pacini.
Il Documento, così approvato, è stato sottoposto all’esame e decisioni dell’Assemblea nazionale dello scorso 29 novembre 2013 che ha promosso solo la prima modifica proposta dal Gruppo di lavoro.
Tutto quanto ho sin’ora riportato dei verbali 33, 34 e 35 (che sono a disposizione e consultabili da tutti), mostra un normale aspetto dell’attività del nostro massimo organismo istituzionale che di per sé non avrebbe provocato né rottura di equilibri, né tutto ciò che ne è seguito se, ripeto, fossero state democraticamente accettate le decisioni maggioritarie, così come prevede lo statuto dell’Associazione. Come se non bastasse, e questo è noto a tutti, oltre a non aver rispettato questa maggioranza, è partita dallo scorso mese di ottobre, una possente azione per screditare coloro che avevano osato sostenere una proposta di modifica statutaria -che ricordo ancora una volta - era stata presentata da Lino Lazzareschi al CDN attraverso Giovanni Pacini.
Sono state messe in atto una serie di iniziative per fare terra bruciata intorno ai cinque che avevano determinato il voto di maggioranza. Il clima era del tipo: “Chi non è con me è contro di me” e, aggiungo io, non si fanno prigionieri.
Converrete che tutto questo dispendio di energie e cotanta ostilità avrebbero meritato una causa migliore. Ma, probabilmente, il fine ultimo è stato quello di esibire i muscoli, ostentare l’esercizio del potere.
“l’État c’est moi!”, “l’ANSE c’est moi!” è così che si può parafrasare il motto di Luigi XIV.
Infine, lascio a voi i commenti su ciò che è accaduto a Rimini lo scorso 28 novembre durante lo svolgimento dell’Assemblea nazionale!
Domani andremo a decidere da chi sarà composto il nuovo Consiglio Direttivo nazionale.
L’invito che sento di dover fare in questa vigilia di votazioni, è quello di scegliere, tenendo ben presente solo ed unicamente la libertà di decidere autonomamente.
Sono fermamente convinto che il non accettare pressioni e diktat, sia un’occasione da non perdere in un’età, quella nostra, in cui finalmente possiamo godere di questo grande privilegio, quello di essere affrancati da coercizioni!
Nella recente vita passata ci hanno costretti, siamo stati costretti, almeno una volta, a dover fare scelte che non ci appartenevano, ma che la posizione lavorativa, la convenienza e, o addirittura l’amicizia ci hanno imposto nostro malgrado.
Che bello oggi poter respirare a pieni polmoni questa sensazione di consapevole autonomia! Io rivendico tutto ciò.
Non ha importanza chi verrà preferito, perché personalmente ritengo che ciascuno sia meritevole di fiducia, ma è il voto stesso e le motivazioni che ciascuno di noi darà alla sua scelta che renderanno questo voto un’espressione di dignità e di nobiltà, delle quali qualcuno ritiene che se ne possa fare a meno.
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Intervento di Stefano Di Vincenzo, membro del Comitato Direttivo nazionale uscente
Innanzi tutto porgo un saluto a tutti i presenti qui intervenuti quali attori del Congresso ordinario. Scorgo volti noti e volti nuovi e auguro a tutti un buon lavoro…. Bene….. Passiamo ora alle cose di casa nostra.
Se Luigi Pirandello si fosse calato dal cielo in direzione dell’Anse, in occasione dell’Assemblee del 28 e 29 novembre 2013, avrebbe trovato un consesso e due personaggi…un amministratore delegato impegnato a portare avanti un qualcosa in quei ultimi giorni fino a scadenza di mandato ed uno che per l’occasione, designato a fare l’assistente, corre in suo soccorso, vedendolo in affanno, e cerca di mettere una toppa, che poi si rivela peggiore del buco. In apparenza, all’inizio della riunione, nessun dissenso ma un po' di accomodamento sulle nuove norme statutarie. Eppure Pirandello si sarebbe divertito molto. “Così è se vi pare”. Oppure “ll gioco delle parti”. O ancora “Uno, nessuno, centomila”. Si evita di parlare di argomenti un po’ scottanti, cercando di non scendere in particolari. Si ritiene di continuare cosi e di non esprimere un giudizio. Ma Pirandello, si sa, è stato il primo “retroscenista” moderno. E’ un maestro nel descrivere quel che appare diverso da quel che è. E quel che si dice uguale a quel che si pensa di pensare, ma in realtà assai diverso. La situazione però è quanto meno anomala, tanto che scatta il soccorso del secondo personaggio (l’assistente) che cerca di dare una mano all’amministratore delegato in angoscia. La filippica moraleggiante dell’assistente contro tutti e tutto è pronunciata con grande enfasi e in quel momento Luigi Pirandello cede il posto a Fellini con l’ 8 ½, la dolce vita ed altro.
Forse l’assistente non sa che Fellini era una gran bugiardo e realizzava i suoi film partendo da queste sue immaginazioni e fantasie o forse voleva essere designato al premio Nobel, al pari di Pirandello? Certo è che questa, diciamo filippica era stata concertata tra l’Amministratore Delegato e l’assistente di turno tant’è che, avendo letto in anticipo lo scritto dell’assistente, l’aveva manipolato ed infine aveva scritto come commento “corrosivo quanto basta”
Forse l’aiutante non ricorda o ha fatto finta di non ricordare che certe cose le conosceva anche lui, come tutti gli altri, e di cui tutti siamo stati consapevoli, ma non bisognava dire nulla. Però gli errori debbono correggersi…o noooo? Il perseverare non esiste, altrimenti diventa diabolico. Dobbiamo far finta di nulla? Ma se succede qualcosa di chi è la colpa? Boh …..non si sa…. comunque è così (se vi pare) e deve restare così. E se qualcuno ne parla? La colpa è sua perché ne ha parlato… deve restare cosi. Ma non ci sono forse organi statutari preposti al controllo ed alla vigilanza? E chi l’ha detto..forse è compito loro? Non ne hanno mai parlato. Ti ricordi del Segretario Rampino? E chi era costui….
In altri termini…..tutto diventa optional…
Abbiamo dimenticato che c’è sempre un responsabile che è a capo di tutto e che, se siamo giunti a questo punto la responsabilità e le verità sono tante ma tutte convergenti verso un soggetto. E se per caso qualcosa dovesse trapelare nelle giuste stanze, potremmo correre dei rischi notevoli… in tal caso cosa andiamo a raccontare ai circa 24000 soci che ci hanno dato la fiducia? Riflettiamo gente, riflettiamo. Noi dobbiamo tenere conto anzitutto e prima di tutto chi siamo e chi rappresentiamo ossia 24000 Soci.
E’ diritto/dovere di chi rappresenta gli iscritti operare e vigilare per loro conto. Noi, come persone elette democraticamente nell’ultimo Congresso del 2010, siamo stati tra questi, consapevoli dell’impegno assunto davanti ai soci, ed abbiamo inteso portare avanti il nostro impegno in unità d’intenti con i Presidenti delle Sezioni, perché riteniamo che la collegialità, la legalità e la trasparenza siano i perni di un’organizzazione democratica e sana. Gli altri? Oggi ci sono e domani scompaiono..….E allora bisogna che se ne parli nella sede più opportuna in fase di discussione della tesi congressuali, perché i delegati conoscano fatti e misfatti per farsi un proprio convincimento e sappiano cosa fare, essendo soggetti ben pensanti e critici e non destinatari di pizzini perché hanno una loro dignità, in un momento così importante per l’avvenire della nostra Associazione.
Questo è il momento perché si pensi effettivamente ai bisogni dei Soci e non degli arrivisti, degli ipocriti ed degli intrallazzasti, sconfiggendo anche i clan che si sono creati e che prossimamente si potrebbero rafforzare (vedi candidature Toscana con il Presidente nazionale più toscano che romano, vice presidente del C.d.N., Presidente dei probiviri e un membro al Collegio Revisori dei Conti) cercando di dividere sul territorio nazionale la disposizione delle cariche. Sviluppiamo le tesi congressuali che ci danno lo spunto in ogni loro argomento per occuparci degli stessi Soci e bandiamo ogni forma di personalismo, consci, sulla scorta di quello che è successo, di apportare i correttivi dovuti per una migliore ANSE a tutti i livelli e mai come in questa occasione. Ma due chicche fatemele dire perché, tra l’altro fanno parte degli argomenti della Tesi congressuali. Nel novembre 2008, il Presidente Nazionale elaborò una relazione ed al primo capoverso della seconda pagina si legge “……Essere organizzazione significa avere anche chiare regole associative ...omissis” Orbene per fare qualche regola abbiamo impiegato alcuni anni (vedi quella del rimborso spese del 2013 dopo strenua lotta, oppure quella di interessare un avvocato per aprire un contenzioso con lo Stato per verificare l’eventuale incostituzionalità della trattenuta del contributo di solidarietà che interessano migliaia di Soci In quest’ultimo caso abbiamo impiegato 2 anni-e passa per farla passare ed ora siamo in attesa che l’avvocato ci dia delle risposte). E poi parla di regole quando non vengono rispettate le più elementari norme statutarie, come l’assenza continuata e totale in tutta l’attività dell’ANSE del Tesoriere Nazionale da quando è stato nominato (anno 2008), ossia per sei lunghi anni.
Non esiste alcun documento, che lo stesso mai abbia visto e sottoscritto. In occasione dell’Assemblea Nazionale del 27 e 28 marzo 2014 un Presidente di Sezione, alzando la mano, ebbe a dire “ abbiamo una foto del Tesoriere per conoscerlo?” La persona che gli stava accanto, altro Presidente di Sezione, gli consigliò di non perseverare, aiutandolo ad abbassare la mano tesa verso l’alto. Però le risorse economiche per andare a Parigi nelle riunioni della FIAPA ci sono sempre anche se qualcuno lo ha sempre chiamato il giocatolo dei Presidenti. Da quando risultiamo iscritti in detta Federazione abbiamo speso circa € 60.000, senza vedere mai benefici. Quelli che contano veramente sono i Soci e non è il singolo. Meglio curare i rapporti con l’ANLA e l’UGLAE coi quali a suo tempo è stato stipulato un patto federativo e che dopo tante insistenze si è visto uno spiraglio di contatti negli ultimi mesi.
Ma la cosa ancora più strana è che gli organi che, in primis, debbono controllare, Collegio Sindacale e Probiviri hanno fatto finta di nulla. Il Collegio Sindacale, organo di vigilanza, non si è mai accorto che è sempre stato assentente il Tesoriere Nazionale e, in proposito, riporto ciò che è scritto dei libri di diritto “…Il primo fondamentale dovere è indicato dall’art.2403 c.c.: il Collegio Sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in particolare sull’adeguatezza dell’assetto amministrativo, organizzativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Svolge inoltre il controllo contabile nei casi previsti dall’art. 2409 bis terzo comma.
L’art. 2403 Il primo comma può quindi essere diviso in tre parti:
1) VIGILANZA SULL’OSSERVANZA DELLA LEGGE E DELLO STATUTO: criterio principe che vede i sindaci come guardiani della legalità. Le norme autoregolamentari devono essere osservate e su queste vigila il Collegio Sindacale come guardiano della legalità. Questa vigilanza è anche di tipo sostanziale, non arriva a fare sì che i sindaci siano dei condecisori sul piano gestionale, ma essi devono valutare se le scelte degli amministratori sono conformi alla legge, o se comportano dei rischi di illegalità, è quindi importante che capiscano queste operazioni. Ogni operazione compiuta in conflitto di interessi da parte degli amministratori o tra parti correlate, deve essere valutata dai sindaci attentamente, perché la probabilità ponga dei problemi di legalità è altissima.
2) VIGILANZA SUL RISPETTO DEI PRINCIPI DI CORRETTA AMMINISTRAZIONE: nell’ordinamento italiano è entrato il concetto di principio di corretta amministrazione e significa che non c’è più la società di dilettanti da amministrare la società da buon padre di famiglia, ma le società devono essere amministrate con riferimento ai principi di corretta amministrazione ed è quindi la scienza della gestione aziendale delle imprese che indica i compiti degli amministratori e i compiti dei sindaci.
3) VIGILANZA SULL’ADEGUATEZZA DELL’ASSETTO AMMINISTRATIVO, ORGANIZZATIVO E CONTABILE: i sindaci devono monitorare quei meccanismi che consentono la rilevazione dei dati, di verificare se in ogni momento c’è una rappresentazione contabile corretta, se c’è un flusso finanziario esigente per le esigenze della società. Questi possono essere intesi come principi di corretto controllo.
Quindi ci troviamo dinanzi a un tipo di vigilanza globale e sintetica, che non è una vigilanza sulla contabilizzazione delle singole operazioni. A meno che rilevando un difetto di impostazione, sono tenuti a verificare più da vicino ciò che il difetto rivela.
Devono anche verificare a campione che ci siano evidenze di un funzionamento corretto.
Fanno parte dei doveri ma al tempo stesso dei poteri del Collegio Sindacale gli interventi che i sindaci devono compiere quando vi sono dei sintomi di irregolarità. L’art.2406 e 2408 prevedono che i sindaci hanno un potere di convocazione dell’assemblea in caso di omissione da parte degli amministratori, inoltre oggi è previsto che si può convocare l’assemblea quando arrivi a loro una denuncia di irregolarità interna o essi riscontrano una irregolarità interna e quindi c’è necessità di provvedere (quest’ultima cosa in passato non era prevista). Se i sindaci non lo fanno sono ritenuti responsabili di queste irregolarità……..omissis “
A questo punto mi pongo una domanda sul perché il Collegio, pur essendo tenuto per legge a vigilare sull’osservanza dello Statuto, non abbia rilevato la violazione dello stesso in ordine all’assenza del Tesoriere e la conseguente gestione delle risorse da parte del Presidente in palese conflitto d’interessi?
Lo stesso discorso vale per probiviri il cui Presidente, secondo norma statutaria, partecipa solo con diritto di parola alle sedute dell’Assemblea nazionale. Di fronte a tale situazione palesemente in contrasto con lo Statuto, anche lui poteva e doveva intervenire perlomeno per chiedere come mai il Tesoriere nazionale non esercitasse i compiti connessi al suo ruolo e non partecipasse alle riunioni dell’A.N. e del CDN.
A proposito dei Probiviri mi corre l’obbligo di spendere due parole sui compiti del Collegio dei Probiviri. In riferimento a quanto previsto dal nostro Statuto il Collegio dei Probiviri, alla bisogna, ha anche il compito di dirimere le questioni che possono nascere all’interno della stessa associazione attraverso un lodo arbitrale inappellabile,adeguatamente motivato fatto di chiarezza sulle possibili verità che discendono dalla quaestio instaurata senza parteggiare per nessuno, in osservanza del principio etico e fondante ex bono et aequo. Indipendentemente dal fatto che mai come in questi ultimi tempi si sono verificati tanti episodi tali da richiedere l’intervento dell’Organo di garanzia, pare che i lodi emessi non abbiano reso giustizia a quel senso di verità di cui è detto, con tutta una serie di insoddisfazioni e polemiche che, bene o male, servono a fare capire se tutto sia stato fatto o meno nella legittimazione delle regole.
Le sentenze si leggono e si accettano ma si possono anche commentare. A mio avviso qualora il Collegio dei Probiviri, sia chiamato a pronunziarsi su questioni inerenti ai suoi compiti istituzionali, avendo acquisita la documentazione inviata dalle parti, deve procedere alle debite valutazioni ed ad una analisi approfondita per accertare se sia necessario fare ulteriori indagini. Infatti, prassi vuole, che non sia possibile solo giudicare sulla scorta di una istanza e di una risposta. Per etica e per avvicinarsi ad una sentenza che definisca in modo ampio ed obbiettivo gli accadimenti succedutesi, dovrebbe controllare le motivazioni del ricorso, procedere alle indagini necessarie, raccogliere altre prove ed acquisire tutta la documentazione necessaria, recandosi, all’uopo, anche sui luoghi e sentendo le parti.
Non c’è un vincente ed un perdente in partenza, ma l’imparzialità è d’obbligo. Più notizie si attingono e si hanno, più facilmente si arriva ad una sentenza che può diventare in certo qual senso inattaccabile.
Infine, solo dopo aver valutato tutte queste cose, come dovrebbe essere ovvio, si arriva ad emettere la sentenza inappellabile nell’ambito dell’Associazione, con un eventuale prosieguo, se voluto da una delle parti, in ambito giudiziario.
Ho letto le carte a me note e devo dire sinceramente che i commenti, o meglio le perplessità sono tante, vuoi nel primo ricorso presentato da Lazzari-Riva per quanto riguarda le elezioni della Sezione Lombardia, vuoi da quello avanzato da rappresentanti della Sardegna.
Balza subito all’occhio anche di un profano che nel primo ricorso il Collegio dei probiviri non ha tenuto conto di un dato molto importante e non ne ha fatto alcuna menzione:nelle sue conclusioni ossia le schede elettorali autenticate e non votate (una di colore bianco ed una di colore giallo) trovate per terra dopo l’avvenuta assemblea da uno dei ricorrenti. Visto che i ricorrenti avevano messo a disposizione del collegio questa prova molto importante, è strano che lo stesso Collegio non si sia peritato di acquisirle agli atti relativi né di fare gli approfondimenti necessari per verificare, portandosi eventualmente a Milano, ed esaminare anche la documentazione che, secondo le disposizioni emanate, dovrebbe essere custodita in loco in plico sigillato. Queste cose, se fatte, avrebbero fugato dubbi, incertezze e fatta chiarezza arrivando ad una sentenza imparziale.
Il caso della Sardegna è anche degno di attenzione. Un vero caos dovuto al conteggio dei voti dopo la votazione del componenti del Comitato Direttivo di Sezione, per cui necessitava constatare, senza alcun indugio, tutta la documentazione, che rappresentava la prima cosa che avrebbero fatto uomini probi e ben pensanti. Ci siamo trovati con un Comitato di Sezione e nessun referente, in quanto il Direttivo è tutto decaduto, con un membro del Comitato che, eletto al ballottaggio, dichiara di non volersi dimettere. Il membro del Comitato legittimamente eletto con la lettera del 27 maggio andante, denuncia altre irregolarità. E la cosa più strana è che nessuno prendeva iniziative per risolvere questa ingarbugliata. Solo ieri, in occasione della riunione del C.d.N., abbiamo saputo che tutto si è risolto .
Per quanto riguarda l’assenza totale del Tesoriere in questi sei anni desta seria perplessità il fatto che chi doveva non abbia mai pensato di sostituirlo, in quanto lo Statuto fa obbligo al Presidente di affidare le funzioni ad altro socio. Ed allora c’è qualcosa che non funziona in tutto ciò e che non sono riuscito mai a comprendere, perché il Presidente dell’Associazione tenesse tanto a fare tutto lui, in regime assolutistico, cancellando di fatto il Tesoriere nazionale, figura di garanzia, legalità e di trasparenza nella gestione amministrativa, espressamente prevista dallo Statuto. Libido potestatis? Forse……
E pensare che il sottoscritto aveva fatto presente nell’ambito del C. d. N. le dovute considerazioni in merito a questa continua assenza del Tesoriere
Credo di non avervi tediato e concludo dicendo che l’ANSE non è res nullius o di pochi. L’ANSE è dei 24000 Soci. Rivendichiamone la piena appartenenza al fine di potere interpretare il giusto ruolo per la soddisfazione di tutti i Soci, nessuno escluso e sta proprio a Voi,delegati e Presidenti di Sezione, in maniera democratica e coscienziosa,senza imposizioni, cordate e “pizzini” decidere chi votare ad essere alla guida del C.d.N. nel prossimo quadriennio.
E con questo ringrazio tutti per avermi ascoltato.
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