25 giugno 2015

L’ANSE e la sua capacità di aggregazione


Un collega in pensione, esprimendo con una mail il suo interesse per il nostro blog, ha anche evidenziato di essere stato iscritto all’ANSE, ma di non avere più rinnovato la sua adesione. Ci ha colpito questa dichiarazione, perché riflette il sentimento di sfiducia di numerosi soci sul ruolo dell’Associazione, che è poi una delle cause determinanti del mancato rinnovo dell’iscrizione. Il fenomeno degli abbandoni ci offre, perciò, lo spunto per una riflessione sulla capacità di aggregazione dell’Associazione.
Qualcuno liquiderà la questione, attribuendola ad una sensazione avvertita solo da chi scrive, ma la situazione reale dimostra, purtroppo, che non si tratta di sensazione.
Basta soffermarsi sulle quote associative contabilizzate nell’anno 2014 e sulla partecipazione alla recente Manifestazione nazionale 2015, i cui numeri non possono ritenersi esaltanti.
Ci limitiamo a una sola considerazione sulle quote sociali, suggerita dalla lettura dei dati delle quote ripartite per categorie di soci. Tali dati evidenziano la consistente diminuzione di 505 unità, rispetto al 2013, registrata nelle categorie dei soci in servizio, in pensione e superstiti, cioè dei soggetti aventi titolo “originario” all’iscrizione all’ANSE. Tale diminuzione, benché sia in parte compensata dall’incremento registrato nella categoria dei Soci familiari a quota ridotta, costituisce comunque un dato su cui riflettere, perché la crescita di quest’ultima categoria accompagnata dalla contemporanea riduzione delle categorie dei soci “tradizionali” altera profondamente la composizione del corpo sociale, a parte i suoi riflessi di natura finanziaria. Ricordiamo che i Soci familiari a quota ridotta ormai rappresentano oltre un quinto degli iscritti (21,5%).

Tale stato di fatto è frutto della progressiva indifferenza di molti iscritti verso l’Associazione, la quale è percepita come “assente” su alcuni importanti problemi che interessano la maggior parte dei membri della comunità. Un’associazione che mostra scarsa sensibilità rispetto ai problemi di interesse generale più complessi, non alimenta quel rapporto di fiducia tra base e vertice che rappresenta l’essenza e il collante di qualsiasi sodalizio. In altre parole, al sentimento prevalente del corpo sociale, che esige un’azione più efficace ed appropriata sulle questioni maggiormente “sentite”, si contrappone l’assenza di iniziative con la motivazione (errata) che tali problemi non rientrerebbero nei compiti istituzionali dell’ANSE. Ciò genera quell’indifferenza che nel tempo induce il socio a non rinnovare più la sua adesione.
Tanto per fare qualche esempio concreto, soffermiamoci brevemente su due problemi di maggiore attualità, sui quali si concentra l’interesse dei soci: il contributo di solidarietà e la mancata rivalutazione delle pensioni. Per quanto riguarda il contributo di solidarietà, nulla si è saputo della richiesta di valutazione legale, avviata poco tempo prima dell’ultimo Congresso per decisione della Presidenza di allora; verosimilmente la pratica è caduta nel dimenticatoio, perché non è stata più seguita dalla nuova Presidenza oppure per altri motivi. Sulla mancata rivalutazione delle pensioni, non abbiano potuto notare alcuna iniziativa promossa dall’ANSE. Né tanto meno si può affermare che sia stata avviata un’azione idonea attraverso il celebrato “Patto federativo a tutela degli anziani”, il quale sino ad oggi - almeno così risulta - oltre a un comunicato stampa sull'argomento, non ha prodotto nulla di rilevante. Come si vede, ben poca cosa.
Non contribuiscono, inoltre, a instaurare un clima di fiducia tra Associazione e iscritti, taluni comportamenti della dirigenza nazionale, dei quali non si riesce a comprendere la logica. Ovviamente, ci riferiamo alla logica comune, quella delle persone normali che si lasciano guidare dal buon senso e non dalla spocchia di chi dirige l’ANSE. Sempre per stare sul concreto, è incomprensibile che l’Assemblea nazionale, impegnata a discutere sul modo più efficace per incrementare le adesioni all’ANSE, finisca, nella stessa riunione, per occuparsi diffusamente delle modalità di iscrizione all’ANLA (cfr. verbale Assemblea nazionale 10-12 dicembre 2014). D’accordo, la discussione è stata originata dall’esigenza di conoscere quanti soci ANSE sono iscritti contemporaneamente anche all’ANLA, ma è a dir poco stravagante utilizzare il tempo dell’Assemblea nazionale per discutere di dettagli che non ci riguardano e vanno ben oltre l’esigenza di conoscere il fenomeno. Beninteso, non è in discussione la libertà delle persone, e quindi anche dei soci ANSE, di aderire a qualsiasi altra organizzazione, ma è contrario a ogni logica - lo ripetiamo - che l’Assemblea nazionale dell’ANSE si occupi con dovizia di particolari dell’importo della quota associativa dell’ANLA e dell’eventuale riduzione praticata per le adesioni di gruppo. Il messaggio implicito che si trasmette non è certamente positivo per l’ANSE, perché contribuisce ad aumentare il sospetto che tutto ciò preluda alla progressiva liquidazione della nostra Associazione e alla sua confluenza nell’ANLA. Se trattasi solo di supposizioni o di un disegno ben preciso, non possiamo saperlo. Ricordiamo solo che in un post pubblicato su questo blog abbiamo riportato le legittime preoccupazioni dei soci, che purtroppo permangono e si rafforzano, visto che dalla Presidenza nazionale non è arrivato alcun chiarimento.
Che la situazione sia destinata a cambiare è piuttosto improbabile. Il dibattito negli organismi nazionali sui problemi che interessano maggiormente i soci è quasi inesistente e l’atteggiamento dei membri dell’Assemblea nazionale è improntato alla massima prudenza. A parte i fedelissimi del Presidente, gli altri membri o si mostrano riluttanti a manifestare il proprio pensiero, preferendo uniformare il proprio comportamento a quello del leader, perché ritengono assai scarsa la possibilità di incidere sul corso impresso all’Associazione, oppure si limitano ad esprimere le loro critiche in privato, non lesinando qualche battuta sarcastica, ma evitando di manifestare il loro punto di vista nelle sedi competenti.
Risultato: tutto sembra andare per il meglio e perciò, almeno da un punto di vista formale, si ricava l'impressione che l’azione della dirigenza abbia un consenso convinto e diffuso, che non rispecchia però il sentimento reale degli associati.
Dal nostro punto di osservazione emerge, infatti, che tra i soci è diffuso più di quanto si possa pensare il convincimento che ANSE nazionale non riesca più a catturare la fiducia della gente, intesa come espressione di un consenso effettivo verso una “linea di azione” riconosciuta e fatta propria dall’intera comunità. In altre parole, l’attenzione verso i problemi della comunità compatibili con gli scopi sociali è fondamentale per alimentare il rapporto con i soci. Coltivare la memoria lavorativa e il rapporto di comunanza tra i soci va bene, ma non basta; come ha sintetizzato efficacemente il collega Luigi Marengo, commentando un post pubblicato su questo sito, "L'essere soci non significa solo partecipare a Congressi Nazionali o a incontri regionali conviviali."

Occorre che l'ANSE si faccia carico dei problemi di carattere generale riguardanti i soci per assisterli e tutelarli, impiegando le risorse eventualmente necessarie per promuovere ed attuare iniziative idonee finalizzate alla ricerca di soluzioni, in analogia a quanto praticato da altre associazioni. Individuare e condividere i problemi dei soci, attuando azioni di tutela, significa esercitare quel ruolo su cui si fonda il patto associativo, che genera fiducia e consenso. Al contrario, la scarsa attenzione o peggio l’inazione portano inevitabilmente al ritiro di uno dei soggetti del patto stesso: l’iscritto che decide di abbandonare la comunità associativa.
La tutela dei diritti è diventata un elemento essenziale del rapporto tra l'Associazione e i suoi soci, che chiedono all’ANSE di svolgere un ruolo attivo nel promuovere iniziative attraverso tutti i mezzi possibili, superando le remore che frenano o condizionano la sua azione. Non si tratta di cambiare i connotati dell’Associazione, né di stravolgere la sua “missione”, si tratta invece di realizzare quegli scopi sociali spesso negletti, dispiegando azioni adeguate al tempo in cui viviamo e alle necessità dei soci. Non farlo significa deludere le loro attese; significa ridurre l’ANSE a un sodalizio di soli nostalgici, cosa da evitare nel modo più assoluto.