26 ottobre 2017

Lo scippo della rivalutazione delle pensioni


“La Corte costituzionale ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto-legge n. 65 del 2015 in tema di perequazione delle pensioni, che ha inteso “dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015”.
La Corte ha ritenuto che – diversamente dalle disposizioni del “Salva Italia” annullate nel 2015 con tale sentenza – la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015 realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica.”

Da questo scarno comunicato i pensionati hanno appreso che la Consulta ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto-legge n. 65/2015, emanato dal governo Renzi a valle della sentenza n. 70/2015, con cui la Corte stessa aveva dichiarato l’incostituzionalità della norma contenuta nella Legge Fornero del 2011 (governo Monti), che disponeva il blocco dell’adeguamento automatico delle pensioni per gli anni 2012 e 2013.
Ricordiamo che la questione di legittimità costituzionale del decreto 65/2015 era stata sollevata da più di una dozzina di tribunali italiani e da una Sezione della Corte dei Conti, ai quali si erano rivolti migliaia di pensionati speranzosi di poter ottenere, in virtù della citata sentenza n. 70/2015, la restituzione della rivalutazione automatica cancellata dalla citata legge Fornero.
La decisione della Corte, disinnescando la “mina” della perequazione, salva dunque il governo e penalizza una massa di pensionati ai quali il decreto 65/2015 ha elargito una piccola mancia o addirittura nulla. Infatti, il decreto ha accordato una restituzione molto parziale della rivalutazione bloccata, concedendo una percentuale di rivalutazione del 40% sulle pensioni superiori a 3-4 volte il minimo mensile lordo INPS, ridotta gradualmente per gli assegni compresi tra 4-5 volte e tra 5-6 volte il minimo INPS; invece gli assegni superiori a 6 volte il minimo sono stati completamente esclusi dalla restituzione.    
Le esigenze di finanza pubblica in pratica sono ritenuti prevalenti sui diritti dei pensionati, cancellati dal governo con la abusata motivazione della mancanza di risorse nei conti dello Stato. Risorse che poi si trovano senza grosse difficoltà quando si tratta di soddisfare istanze di altra natura.
Mentre gli avvocati aspetteranno il deposito della motivazione della sentenza con cui la Corte ha stabilito la costituzionalità del decreto n. 65/2015 (Renzi-Poletti), per valutarla sotto il profilo giuridico, i pensionati hanno già formulato il loro giudizio definitivo: un altro scippo si è consumato ai loro danni.

Vediamo ora come funziona la rivalutazione automatica, alla luce delle norme rimaste in vigore, sempre che non intervengano ulteriori provvedimenti legislativi, allo stato non prevedibili.
Per il quinquennio 2014-2018 vale la disciplina stabilita dal governo Letta con la legge n. 147/2013, che prevede la rivalutazione degli assegni nelle seguenti misure percentuali dell’indice ISTAT:
  •     pensioni di importo mensile lordo fino a 3 volte il minimo INPS                             100%
  •      pensioni di importo mensile lordo oltre 3 e fino a 4 volte il minimo INPS                 95%
  •      pensioni di importo mensile lordo oltre 4 e fino a 5 volte il minimo INPS                 75%
  •      pensioni di importo mensile lordo oltre 5 e fino a 6 volte il minimo INPS                 50%
  •      pensioni di importo mensile lordo oltre 6 volte il minimo INPS                                 45%
A partire dal 1° gennaio 2019 tornerà invece in vigore la perequazione di cui alla legge n. 388/2000 (legge Finanziaria 2001 del governo Amato), che prevede la rivalutazione degli assegni nelle seguenti misure percentuali dell’indice ISTAT:
  •     pensioni di importo mensile lordo fino a 3 volte il minimo INPS                              100%
  •      pensioni di importo mensile lordo oltre 3 e fino a 5 volte il minimo INPS                  90%
  •      pensioni di importo mensile lordo oltre 5 volte il minimo INPS                                  75%