di Pasquale Cutino
Il Presidente
dell’Inps, da quando si è insediato al vertice dell’istituto, ha messo in atto
una strategia di discredito nei confronti dei pensionati di tutti i livelli che avendo versato nel periodo lavorativo sostanziali contributi alla previdenza, hanno
poi usufruito delle leggi in vigore in quel momento. Leggi che da oltre venti
anni hanno subito continue modifiche sempre più sfavorevoli. Non ultima la
riforma Fornero che, tra i tanti squilibri creati nel sistema pensionistico, ha
sottoposto i pensionati, provenienti dai fondi speciali a una tassazione per
cinque anni, definita contributo di
solidarietà. L’importo viene determinato, applicando le aliquote previste
dalla legge, che varia in relazione al periodo di iscrizione precedente il
decreto di armonizzazione (legge 335/95) per la quota di pensione maturata
entro il 31 dicembre 1995. Se si ritiene giusto che si paghi un contributo di
solidarietà per aiutare le finanze dello Stato, lo è ancor di più farlo pagare
anche a quelli che percepiscono un’indennità con connesso vitalizio, senza aver
versato adeguati contributi. Invece, si ritiene (e non poteva essere
diversamente) che la natura del vitalizio, pur avendo carattere previdenziale, non sia una pensione, ma una garanzia assicurativa che sfugge a tutte le leggi
emanate, tese a comprimere l’importo delle pensioni dei comuni mortali. In merito al vitalizio dei parlamentari,
Boeri ha ricevuto una dura risposta dal Presidente dell’associazione degli ex
parlamentari il quale gli ha ricordato, tra l’altro, che l’indennità
parlamentare e i vitalizi non sono materia di sua competenza: in tal modo hanno
chiuso ogni azione in merito. Non si è conclusa invece l’attenzione verso quei
pensionati (non ex parlamentari) che, pur appartenendo ad associazioni che
dovrebbero tutelare e difendere il loro
“status” attraverso un dialogo tra generazioni, nulla di concreto dicono. Non
si spiega all’opinione pubblica, attraverso
i normali canali d’informazione, come stanno realmente le cose e non si
invita Boeri a una maggiore responsabilità e moderazione intorno a un problema
di cui i pensionati non sono affatto responsabili. Essi hanno dalla loro parte
solo le leggi costituzionali, le quali hanno dato alla magistratura lo strumento
che ha permesso l’annullamento del blocco
per due anni della perequazione delle pensioni. Anche se poi nell’applicazione,
la legge non è stata uguale per tutti, ma è stato pur sempre un segnale forte
per chi, con nostalgia di un passato non troppo remoto, costruisce leggi non
costituzionali pur di tosare solo i pensionati. La relazione annuale del Presidente
dell’Inps è una diagnosi delle precarie condizioni economiche del Paese, il cui
debito pubblico, essendo ai massimi storici impone un radicale miglioramento
della capacità del nostro sistema di protezione sociale per raggiungere i
cittadini più bisognosi. Non è corretto far credere all’opinione pubblica che i
pensionati di oggi, specialmente quelli
che hanno lavorato per più di quarant’anni in aziende pubbliche o private, siano
beneficiari di chi sa quali privilegi, creando in tal modo pericolosi conflitti
tra generazioni. La relazione letta in Parlamento non accenna minimamente al
problema delle evasioni fiscali che è il
vero nodo da sciogliere. Alleggerire le spalle dei lavoratori, dei pensionati,
dei datori di lavoro, del fardello fiscale, aiuterebbe la ripresa dell’economia
a patto però che non se ne parli solo in prossimità di elezioni per attirare
voti, ma che divenga un impegno primario e permanente. Solo in questo modo si
eviterebbe di fare cassa pensando sempre ai soliti noti.
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