04 dicembre 2014

Riparliamo di criteri per il calcolo delle pensioni degli iscritti al FPE


di Pier Francesco Canetta e Prospero Figundio


Ritorniamo sulla sentenza della Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - n. 14952/14, in materia di criteri di calcolo della pensione degli iscritti all’ex Fondo Pensioni Elettrici con anzianità contributiva di almeno 18 anni interi, maturata al 31 dicembre 1995.
Tale sentenza ha, infatti, riaffermato quanto stabilito dal D.lgs. 562 del 1996 (emanato in attuazione della delega di cui all’art. 2 della legge 335/95) e cioè che l’importo della pensione va determinato secondo il sistema retributivo nella misura più favorevole tra: a) l’88% della retribuzione pensionabile determinata ai sensi dell’art.1, comma, 12 lettera a della legge 335/1995 (FPE) e b) l’80% della retribuzione pensionabile da calcolarsi, anche per i periodi anteriori al 1° gennaio 1997, secondo le norme in vigore nell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), utilizzando la retribuzione comprensiva di tutte le voci di stipendio e indennità percepite, e non solo sulle voci valide ai fini del FPE, “avendo il tenore letterale della disposizione incluso la nozione di retribuzione vigente in quella gestione.”
La norma prevede poi che i valori ottenuti si pongono a confronto con l’importo della pensione liquidata secondo le disposizioni del FPE e qualora l’importo di quest’ultima risulti pari o inferiore al maggiore dei due tetti, la pensione si eroga nella stessa misura. Se invece essa supera il maggiore dei due tetti, la si riduce fino a farla coincidere con il tetto di valore più alto.

Fatta questa premessa e poiché numerosi colleghi iscritti all’ANSE sono interessati direttamente, abbiamo esaminato a fondo la questione, anche ricorrendo ad esperti di un importante ed accreditato Patronato, ai quali abbiamo chiesto di valutare in particolare il termine di decadenza entro il quale proporre eventuale azione tesa ad ottenere la riliquidazione della pensione, tenuto conto del seguente quadro normativo e giurisprudenziale:
  • art. 47 del D.P.R. 639/1970, comma 6, che ha introdotto il termine di decadenza triennale;
  • sentenza della Corte di Cassazione – Sezioni Unite – n. 12720 del 2009, in cui è precisato che la disposizione del citato art. 47 non può trovare applicazione in caso di richiesta di adeguamento della prestazione pensionistica già riconosciuta per un importo inferiore; 
  • art. 38 del D.L. n. 98/2011(convertito in Legge n. 111/2011), che ha aggiunto in coda al citato art. 47 D.P.R. 639/1970 il seguente comma: "Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte."; 
  • sentenza della Corte Costituzionale n. 69 del 2 aprile 2014, a seguito della quale la disposizione di cui al punto precedente si applica solo alle prestazioni pensionistiche liquidate dal 6 luglio 2011 in poi, data di entrata in vigore del D.L. n.98/2011.
A proposito di decadenza, non è il caso di soffermarsi sul contenuto del Foglio Informativo ANSE n. 3 del 16 luglio 2014, confusionario nell’inquadrare la questione dal punto di vista normativo e degli orientamenti giurisprudenziali e pilatesco nelle conclusioni.

Per quanto ci riguarda, dopo le doverose verifiche effettuate, riteniamo in coscienza di poter dare alcuni consigli di carattere generale sulla questione, fermo restando che ogni caso va istruito singolarmente e valutato dal diretto interessato.
I colleghi che ne hanno titolo possono tentare di ottenere la riliquidazione della pensione, alla luce della giurisprudenza formatasi nel tempo, e segnatamente della citata sentenza della Suprema Corte 14952/14, che costituisce un importantissimo punto di riferimento. Ovviamente, prima di intraprendere qualsiasi azione, è indispensabile esaminare a fondo la situazione retributiva e previdenziale del lavoratore interessato, accertando che:
  1. abbia percepito non occasionalmente, negli ultimi dieci anni di lavoro, oltre alla normale retribuzione soggetta a contribuzione FPE, altri compensi o indennità accessorie non soggetti (per esempio: lavoro straordinario, maggiori prestazioni, ecc.); una rapida verifica è possibile attraverso l’esame del Mod. 01/M, che riporta in quadri distinti l’ammontare delle retribuzioni annue AGO e FPE;
  2. la simulazione del conteggio dell'80%, eseguita con i parametri retributivi AGO anche per i periodi ante 1997, dimostri che la pensione liquidata dall’INPS sia di importo inferiore. 
Come primo atto da compiere, si consiglia di tentare di ottenere la riliquidazione in via amministrativa, trasmettendo la relativa richiesta all’INPS, preferibilmente attraverso un Patronato qualificato, da cui farsi assistere anche per le verifiche di cui ai punti precedenti. Solo in caso di esito negativo della pratica amministrativa, si può pensare di promuovere un’eventuale azione giudiziaria, con l'assistenza di un legale esperto in materia previdenziale o del legale dello stesso Patronato, previa valutazione dell'entità dei valori in gioco e del rischio di soccombenza, che va messo comunque in conto, anche quando si ritiene di aver ragione da vendere.



Sentenza Cassazione 14952/14

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