Il decreto legge n. 65/2015 sui
rimborsi per la mancata rivalutazione delle pensioni decisa dal Governo Monti,
dichiarata poi illegittima dalla sentenza della Costituzionale n. 70/2015, è
una bella fregatura per i pensionati. Come abbiamo constatato a suo tempo, il decreto in questione, recentemente
convertito in legge, stabilisce per una parte dei pensionati solo un recupero (molto)
parziale delle somme non percepite per effetto della norma dichiarata
incostituzionale, mentre a un consistente numero di essi (circa 724.250 unità) nega qualsiasi rivalutazione per gli anni 2012 e 2013.
L’interrogativo che si
pongono ora i pensionati, cui il decreto accorda solo parzialmente o nega del
tutto la rivalutazione per gli anni citati, riguarda la possibilità di ottenere
o no l’applicazione integrale della sentenza n. 70/2015 e le vie da percorrere
per esperire il tentativo in tale senso. Anche l’ANSE si è premurata di dare ai propri soci
dei suggerimenti sull’argomento. Infatti, con Foglio Informativo n. 11/2015 - dopo essersi preoccupata zelantemente di dichiarare che “La suddetta normativa [quella del decreto legge, (N.d.R.)] sembra rispettare i tratti fondamentali ed
i principi affermati dalla Corte Costituzionale (proporzionalità ed
adeguatezza), anche sotto il profilo della parziale retroattività della
disciplina con riferimento agli anni dal 2012 al 2015 compreso (essendo la
rivalutazione attribuita il 1° gennaio di ogni anno).” - ha diffuso
uno schema di istanza da inviare all’INPS (tra i tanti testi che circolano in
questi giorni), per chiedere l’applicazione integrale della sentenza. Ha anche
aggiunto che in caso di silenzio o diniego i pensionati e, quindi anche soci ANSE,
potranno rivolgersi a una Federazione di Pensionati oppure ad altra
associazione per chiedere assistenza.
Un modo elegante per
dire ai soci arrangiatevi da soli, perché l’ANSE se ne lava le mani. Bel modo
di attuare gli scopi sociali!
È più che prevedibile
che tale richiesta non avrà alcun effetto, se non quello di interrompere i
termini - peraltro allo stato attuale non prossimi alla scadenza. L’aspetto più importante
riguarda invece il merito della questione, visto che l’eventuale seguito comporta
obbligatoriamente, per chi intende andare sino in fondo, il ricorso all’azione legale. Mettere a disposizione dei soci un parere giuridico qualificato e -
all’occorrenza - organizzare e coordinare le azioni legali, individuando e indicando
ai soci interessati uno o più professionisti di riferimento, sarebbe stata
un’iniziativa perfettamente in linea con gli scopi sociali e sicuramente molto apprezzata. Qual’è
stata invece la risposta di ANSE nazionale? La rinuncia ad esercitare il suo ruolo
di guida e la scelta di “chiamarsi fuori”, invitando i soci a rivolgersi ad altri
operatori. Peccato!
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