di Stefano Di Vincenzo
La conoscenza dell’uomo è poca… quasi insignificante in rapporto alla globale conoscenza, alla scienza, all’arte etc. etc., nonché ai fatti trascorsi, ai presenti ed a quelli futuri succedutesi negli millenni della storia. Eppure bisogna dire che la storia non esisterebbe se tutti noi non facessimo parte integrante della storia nella storia, nella rappresentazione di tre periodi l’uno collegato all’altro tra il passato, il presente ed il futuro. Il primo tempo è il presente del passato ossia quello che abbiamo vissuto in prima persona, quello che abbiamo appreso dagli studi , dalla esperienza nostra e quella di altri, spinti sempre più dalla nostra curiosità del sapere, del conoscere e del fare. Il secondo tempo è il presente del presente ossia le intuizioni e la percezione di quello che avvertiamo al momento con tutta la passione, l’amore ed altro sentimento. Il terzo periodo è il presente del futuro che potrebbe essere l’attesa, non fine a se stessa, ma come ricca di sogni, di aspettative per il bene non solo di se stesso ma anche della intera umanità da non confondere sulla definizione della “umanità” riportata nella pagina della cultura di questo blog che, comunque, consiglio di leggere. Questi tre tempi ampliati concettualmente e filosoficamente da S. Agostino nelle sue “Confessioni” sono stai ripresi più volte anche dal punto di vista storiografico, ma anche lo stesso Leibniz ebbe a dire “che il presente è carico del passato e gravido dell’avvenire” all’interno di un avvenire dominato da una assoluta continuità. Oggi, oltre ad una dietrologia relativa a tanti fatti e misfatti succedutesi in regime molto oligarchico, se non, a volte, di una sola persona, vengono in mente, per rimanere nella storia contemporanea, i misfatti compiuti da Stalin, da Hitler, da Mao; quelli di tanti altri personaggi storici, di personaggi importanti anche politici (negli ultimi anni in Italia ne abbiamo visto e ne vediamo delle belle), ma anche di gente comune meno nota. Tutta “brava gente” (si fa per dire), che servendosi delle purghe ha dato un certo corso alla storia o più semplicemente alla vita delle persone. Le purghe intese, appunto, come epurazione.
Il termine, dunque, indica due concetti diversi e lo si deve a un fatto storico. Il Vescovo di Tessalonica, Certusio, scrisse una lunghissima pastorale nella quale ordinava ai religiosi di purgarsi, cioè di purificare la loro anima con digiuni, penitenze e preghiere. Il Priore del Convento del Monte Tofa, un cessaiuolo semianalfabeta, convertitosi in tarda età, di tutta la pastorale riuscì a capire solo purgare e, non capendo il resto, interpretò la cosa secondo l'esperienza del suo antico mestiere: distribuì ai monaci un’abbondante quantità di olio di ricino, intimando loro di ingurgitarlo all'istante. Il Convento, purtroppo, disponeva di un solo servizio igienico, e così i monaci, in difficoltà, invasero ogni dove. Dal Convento si sollevò un infernale olezzo, che scese a valle e investì con violenza la città di Tessalonica. Questo equivoco fece sì che da allora i termini purgare, purga, purgativo, purgante etc. assumessero un doppio significato, “teologico” ed “espulsivo”, “liberarsi di qualcuno”. Ovviamente, ogni riferimento ad accadimenti o a persone è del tutto casuale, con l’auspicio che non si faccia confusione tra i diversi significati.