Le ristrutturazioni, lo sappiamo tutti, sono sempre di attualità. Ci riferiamo, ovviamente, alle ristrutturazioni aziendali, cui spesso fanno ricorso le imprese pubbliche e private per motivi diversi, ma soprattutto economici. Anche l’ANSE farà la sua brava ristrutturazione della rete associativa territoriale, come deciso dal Comitato direttivo nazionale, nella riunione del 30 settembre 2016. Dal verbale diffuso alle strutture regionali proprio in questi giorni, apprendiamo che è stato costituito un “gruppo di studio” con il compito di formulare sollecitamente un’ipotesi attuativa che dovrà riguardare entrambi i livelli dell’organizzazione territoriale e cioè quello regionale (le Sezioni) e quello locale (i Nuclei), poiché la situazione attuale - trascriviamo testualmente - “non è sicuramente in linea con le aspettative di sviluppo dell’Associazione e delle attese aziendali” [dell’Enel (N.d.R.)].
Da tale affermazione emerge che la concezione dell’Associazione da parte di chi la governa, ispirata a un aziendalismo spinto oltre il necessario, è focalizzata quasi esclusivamente su un unico obiettivo, mentre, le aspettative dei soci, che dovrebbero occupare sempre il primo posto tra gli obiettivi da perseguire, sono poco o per nulla considerate, tanto da non meritare, come in questo caso, neppure una menzione nell’impostazione del progetto. Peraltro, l’espresso riferimento alle “attese aziendali”, come uno dei due motivi posti a base della decisione, rafforza l’impressione che l’ipotizzata ristrutturazione della rete associativa territoriale, nei piani dei vertici dell’ANSE, sia indotta e destinata principalmente a soddisfare tale esigenza, ritenuta evidentemente prevalente su tutte le altre.
Poi, quali siano effettivamente le “attese aziendali” di cui si parla, nulla si sa, perché chi ha il compito di informare “il popolo dell’ANSE”, principale soggetto interessato alla ristrutturazione della rete associativa, non ha ritenuto sino ad oggi di doverle rendere note. Di qui la domanda: ma l’informazione è sempre un diritto inalienabile degli associati o è considerata una semplice aspettativa senza obbligo di soddisfacimento?
Altra annotazione. L’impostazione del progetto, il cui studio è stato affidato ai soli Vice Presidenti nazionali, con facoltà di questi ultimi di associare esperti, appare verticistica e poco aperta alla partecipazione, anche perché i principali protagonisti della rete associativa territoriale, i Presidenti di Sezione, non sono stati tenuti in alcuna considerazione per la composizione del gruppo di studio. Dalla presenza diretta di una loro rappresentanza sarebbe venuto un prezioso, quanto necessario, contributo nella fase di elaborazione di un progetto che - secondo le intenzioni - dovrebbe portare non solo alla razionalizzazione della rete dei Nuclei locali, mediante l’accorpamento di quelli non in grado di funzionare a causa della progressiva diminuzione dei soci o per altri motivi, ma soprattutto alla modifica sostanziale dell’attuale rete a livello regionale, la quale, in alcuni casi, potrebbe assumere carattere interregionale, con la soppressione di alcune Sezioni (probabilmente quelle con minor numero di soci), che sarebbero incorporate dalle Sezioni limitrofe. Per dirla in breve, si prospetta una vera rivoluzione.
L’eventuale cancellazione del livello regionale nella rete ANSE delle realtà territoriali numericamente minori, avrebbe un impatto sicuramente negativo sul corpo sociale interessato, poiché nell’ANSE il livello regionale è un punto di riferimento importantissimo per la comunità associativa, i cui rapporti si basano essenzialmente sulla consolidata conoscenza personale tra i suoi membri, che è rimasta l’unico e insostituibile fattore di aggregazione.
Si tratta, quindi, di una questione molto delicata e importante, da affrontare con cautela, seguendo un percorso più aperto alla partecipazione, nella piena consapevolezza dei riflessi che può avere sull’Associazione. Il percorso ipotizzato sembra prefigurare, invece, una soluzione calata dall’alto, foriera di divisioni destinate ad alimentare la crescente sfiducia dei soci, originata dall’evidente disinteresse dell’Associazione rispetto ai numerosi problemi di carattere generale che riguardano anche la comunità sociale. In questa situazione, il rischio di disperdere buona parte dei soci appartenenti alle Sezioni che saranno eventualmente soppresse diventa più concreto, dal momento che si aggiungono, a quelli esistenti, nuovi motivi di disimpegno. È un rischio serio che andrebbe evitato, visto che la fiducia nell’ANSE da parte dei suoi iscritti non è più sorretta dallo spirito di appartenenza, che in passato costituiva un pilastro importante dell’impianto associativo.
19 novembre 2016
10 novembre 2016
Senza vergogna
La
trasmissione televisiva Report dell’8 novembre scorso ha riacceso i riflettori
sulla vicenda dei contributi previdenziali, per la ragguardevole somma di circa
40 milioni di euro, che l’Enel non ha versato all’INPS, secondo gli accertamenti
effettuati dalla Vigilanza dell’Istituto. La vicenda, di cui riferirono a suo tempo
solo alcuni giornali, determinò anche l’autosospensione, per alcuni mesi, dell’attuale
Direttore Generale dell’INPS, Cioffi, avendo lo stesso ricoperto la carica di
Direttore del Personale Enel, immediatamente prima di approdare all’Istituto. Omissione contributiva? conflitto di interessi?
C’è di che stupirsi. Chi ha visto la trasmissione di Rai3 si è fatta certamente un'idea
sul caso, per nulla commendevole.
A prescindere dal merito della questione e dai suoi
sviluppi, l’occasione ci offre lo spunto per alcune riflessioni su comportamenti
dell’Enel, che a volte appaiono poco rispettosi dell’etica e molto più attenti
al profitto. Per carità, non intendiamo affermare che tali comportamenti siano
illegittimi, tuttavia non sfugge a nessuno che essi, in taluni casi, non siano
perfettamente in linea con il codice etico che la stessa Enel si è data. A
parte gli aspetti giuridici, ovviamente.
Il riferimento al codice etico riporta alla
mente anche comportamenti riguardanti la riduzione tariffaria sull’energia elettrica
agli ex dipendenti e loro superstiti, unilateralmente soppressa dall’Enel con la
lettera indirizzata alle Organizzazioni Sindacali di categoria del 12 ottobre
2015, senza averne data preventiva comunicazione ai diretti interessati, i
quali sono stati ufficialmente informati solo dopo la firma dello pseudo
accordo sindacale del 27 novembre 2015. Infatti, l’Enel ha comunicato il
recesso con lettera datata 15 dicembre 2015, come se si trattasse di un fatto
scontato che gli interessati - secondo l’azienda - avrebbero potuto o dovuto già
conoscere per averlo letto sui giornali o, magari, sulla Gazzetta Ufficiale,
come dà ad intendere l’infelice incipit della stessa, grondante di ipocrisia: "Gentile Collega in pensione, come
probabilmente saprà, in data 31 dicembre 2015, cesserà l’agevolazione
tariffaria sulla Sua fornitura di energia elettrica”.
L’Enel, avendo omesso di preavvisare per tempo i fruitori della riduzione della
sua volontà di recedere dagli accordi vigenti in materia, ha causato, oltre tutto, un evidente danno agli interessati, i quali, nel “riprogrammare” la spesa per energia
elettrica (che tanto incide nei bilanci delle famiglie) in funzione dei
maggiori oneri da sostenere, avrebbero avuto la possibilità di ridurre per
tempo la potenza impegnata della propria fornitura, senza accollarsi i costi dell’operazione.
Costi che sono invece pretesi dall’Enel a partire dal 1° gennaio 2016.
Questo singolare modo dell’Enel di intendere e di gestire i
rapporti con gli ex dipendenti, disponendo dei loro diritti, ha fatto sorgere molte
serie riserve sulla sua correttezza dal punto di vista giuridico, tanto che molti di
essi hanno sollevato, con l’assistenza di diversi studi legali, la vertenza in
sede giudiziaria, con l’intento di ottenere giustizia dai Tribunali della
Repubblica. Quanto alla fedeltà dei descritti comportamenti al codice etico, cui
la stessa Enel dice di volersi attenere, il giudizio è implicito nei fatti: ci
sono sufficienti e validi motivi per vergognarsi. Ma la vergogna è un
sentimento che non si prova più, in una società ormai priva di scrupoli, dove malafede
e sopraffazione sono gli strumenti spesso preferiti per raggiungere i propri scopi.
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