10 novembre 2016

Senza vergogna

La trasmissione televisiva Report dell’8 novembre scorso ha riacceso i riflettori sulla vicenda dei contributi previdenziali, per la ragguardevole somma di circa 40 milioni di euro, che l’Enel non ha versato all’INPS, secondo gli accertamenti effettuati dalla Vigilanza dell’Istituto. La vicenda, di cui riferirono a suo tempo solo alcuni giornali, determinò anche l’autosospensione, per alcuni mesi, dell’attuale Direttore Generale dell’INPS, Cioffi, avendo lo stesso ricoperto la carica di Direttore del Personale Enel, immediatamente prima di approdare all’Istituto.  Omissione contributiva? conflitto di interessi? C’è di che stupirsi. Chi ha visto la trasmissione di Rai3 si è fatta certamente un'idea sul caso, per nulla commendevole.
A prescindere dal merito della questione e dai suoi sviluppi, l’occasione ci offre lo spunto per alcune riflessioni su comportamenti dell’Enel, che a volte appaiono poco rispettosi dell’etica e molto più attenti al profitto. Per carità, non intendiamo affermare che tali comportamenti siano illegittimi, tuttavia non sfugge a nessuno che essi, in taluni casi, non siano perfettamente in linea con il codice etico che la stessa Enel si è data. A parte gli aspetti giuridici, ovviamente.
Il riferimento al codice etico riporta alla mente anche comportamenti riguardanti la riduzione tariffaria sull’energia elettrica agli ex dipendenti e loro superstiti, unilateralmente soppressa dall’Enel con la lettera indirizzata alle Organizzazioni Sindacali di categoria del 12 ottobre 2015, senza averne data preventiva comunicazione ai diretti interessati, i quali sono stati ufficialmente informati solo dopo la firma dello pseudo accordo sindacale del 27 novembre 2015. Infatti, l’Enel ha comunicato il recesso con lettera datata 15 dicembre 2015, come se si trattasse di un fatto scontato che gli interessati - secondo l’azienda - avrebbero potuto o dovuto già conoscere per averlo letto sui giornali o, magari, sulla Gazzetta Ufficiale, come dà ad intendere l’infelice incipit della stessa, grondante di ipocrisia: "Gentile Collega in pensione, come probabilmente saprà, in data 31 dicembre 2015, cesserà l’agevolazione tariffaria sulla Sua fornitura di energia elettrica”.
L’Enel, avendo omesso di preavvisare per tempo i fruitori della riduzione della sua volontà di recedere dagli accordi vigenti in materia, ha causato, oltre tutto, un evidente danno agli interessati, i quali, nel “riprogrammare” la spesa per energia elettrica (che tanto incide nei bilanci delle famiglie) in funzione dei maggiori oneri da sostenere, avrebbero avuto la possibilità di ridurre per tempo la potenza impegnata della propria fornitura, senza accollarsi i costi dell’operazione. Costi che sono invece pretesi dall’Enel a partire dal 1° gennaio 2016. 
Questo singolare modo dell’Enel di intendere e di gestire i rapporti con gli ex dipendenti, disponendo dei loro diritti, ha fatto sorgere molte serie riserve sulla sua correttezza dal punto di vista giuridico, tanto che molti di essi hanno sollevato, con l’assistenza di diversi studi legali, la vertenza in sede giudiziaria, con l’intento di ottenere giustizia dai Tribunali della Repubblica. Quanto alla fedeltà dei descritti comportamenti al codice etico, cui la stessa Enel dice di volersi attenere, il giudizio è implicito nei fatti: ci sono sufficienti e validi motivi per vergognarsi. Ma la vergogna è un sentimento che non si prova più, in una società ormai priva di scrupoli, dove malafede e sopraffazione sono gli strumenti spesso preferiti per raggiungere i propri scopi. 



   


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