Una riflessione sui cambiamenti intervenuti nell’ANSE
è più che mai opportuna, ora che è stata archiviata la fase congressuale.
È trascorso un tempo sufficiente per valutare con
pacatezza, e forse anche con un minimo di obiettività (se non altro meno
influenzata da interessi elettorali), la portata della svolta impressa
all’Associazione.
Parto dal risultato delle votazioni congressuali per
l’elezione delle cariche nazionali.
L’obiettivo perseguito dal Presidente Pardini di
sbarrare l’accesso agli organi nazionali a coloro che nello scorso mandato
avevano cercato di difendere l’impostazione democratica della gestione dell’Associazione
è stato conseguito in pieno, grazie ad un’alleanza tra alcune Sezioni, che
hanno acriticamente condiviso il suo disegno, nel convincimento (erroneo) che
l’accentuazione dell’impostazione presidenziale della gestione possa tornare
utile all’Associazione. Il tempo certificherà quanto questa impostazione
gioverà all’Associazione o la danneggerà.
Allo stato vi è una sola certezza: in qualsiasi
comunità associativa la riduzione degli spazi di democrazia e di partecipazione
rappresenta un fattore negativo assoluto. Perciò, chi ha l’incarico di
governare collegialmente la comunità, nel rispetto del suddetto principio, deve
dimostrarsi capace di tenere unita la comunità associativa, contemperando le
proprie idee con quelle degli altri membri eletti, senza frapporre ostacoli di natura
soggettiva alla partecipazione, quali sentimenti e atteggiamenti
individualistici. Un comportamento diverso genera disaffezione in chi è già
socio e non ne attrae di nuovi.
In ogni caso, il disegno, presentato come esigenza di
costituire una squadra di governo dell’ANSE più coesa (un eufemismo per dire
più filo presidenziale), ha ottenuto dal Congresso i consensi necessari, e non
poteva immaginarsi un risultato diverso, considerati lo schieramento in campo e
gli sforzi compiuti dal Presidente per conseguire il risultato. Una
significativa minoranza del Congresso, però, ha rifiutato di identificarsi nel
nascente nuovo corso, votando a favore dei candidati che lo avevano apertamente
avversato. Se poi si aggiungono le schede bianche (8 su 69 votanti) riscontrate
nell’elezione del Presidente, in una votazione con un solo candidato, il
malessere latente nell’Associazione è un dato di fatto.
La squadra di governo risultata eletta è dunque quella
voluta dal Presidente, che gli consente di gestire l’ANSE secondo il suo
personale modo di concepire il funzionamento della comunità associativa.
Quanto questa squadra sia rappresentativa dell’intero
territorio e del corpo sociale è un aspetto di importanza fondamentale che un
osservatore attento non può ignorare.
Una semplice verifica si può fare esaminando la
composizione del Comitato Direttivo nazionale, che è l’Organo esecutivo di
governo dell’Associazione, con riferimento alla provenienza territoriale dei
suoi nove membri attualmente in carica. Manca dal computo il decimo componente,
il Segretario, non ancora individuato dalla Presidenza nazionale, nonostante
siano trascorsi quasi quattro mesi dalla chiusura del Congresso!
Emerge un dato davvero singolare: la loro provenienza
si concentra quasi totalmente in alcune Sezioni del centro-nord del Paese (con
l’eccezione della Puglia), in particolare nelle Sezioni della Toscana e del
Lazio. È toscano, ancorché romano per motivi di lavoro, il Presidente
nazionale; come è toscano il Vice Presidente vicario e, tanto per non andare
lontano, sono romani l’altro Vice Presidente e uno dei Membri del
Comitato. Dei restanti cinque membri, due sono della Sezione Lombardia,
due della Sezione Piemonte Valle d’Aosta e (finalmente) uno proviene da una
Sezione del sud, la Puglia.
Per completare l’occupazione dell’ANSE (legalmente,
s’intende), il gruppo vincitore del Congresso, si è attribuita anche la
Presidenza del Collegio dei Probiviri. Infatti, nella riunione dell’organismo
svoltasi il 4 settembre scorso, è stato riconfermato, pur con una risicata
maggioranza (3 contro 2), il Presidente uscente, pure lui toscano, tanto per
infoltire la rappresentanza della Sezione Toscana nei vertici nazionali,
evidentemente ritenuta numericamente insufficiente.
Merita qualche riflessione anche il grado di
rappresentatività del Comitato Direttivo nazionale rispetto alla composizione
del corpo sociale. Osservo che ben cinque dei suoi sette membri elettivi sono
ex dirigenti Enel e tre di essi occupano i tre posti di vertice
dell’Associazione (Presidente e due Vice Presidenti). Se poi la visuale si
allarga all’intero organismo, ricomprendendovi anche i membri non elettivi
(Tesoriere e Presidente del Collegio dei Revisori), il rapporto passa a sette
ex dirigenti su nove membri in carica.
La concentrazione di ex dirigenti tra i titolari di
cariche nazionali è ascrivibile forse alle loro capacità e alla loro
sensibilità sociale, ritenute dagli elettori più elevate che in tutti gli altri
soci, oppure ad altri motivi. Tuttavia è evidente lo squilibrio con gli
ex dirigenti che occupano la quasi totalità dei posti di comando
dell’Associazione, pur rappresentando una percentuale infima (da prefisso
telefonico di rete fissa) dell’intero corpo sociale, che, ricordiamolo, è
composto di circa 24.000 iscritti, in massima parte impiegati ed operai
Enel, in servizio o in pensione, superstiti e familiari. Il fatto che la
stragrande maggioranza dei soci di estrazione lavorativa diversa da quella
dirigenziale non abbia una rappresentanza adeguata negli Organi
dell’Associazione è un dato inconfutabile. Come è altrettanto inconfutabile la
particolare predilezione mostrata degli ex dirigenti verso le cariche di
vertice dell’ANSE (nazionali e regionali), mentre stranamente non manifestano
uguale interesse ad impegnarsi nelle cariche delle unità di base (Nuclei).
E che dire del rinnovamento del Comitato Direttivo
nazionale presentato dal Presidente (rif. Notiziario ANSE n. 2/2013) come uno
degli aspetti qualificanti del recente Congresso?
Premetto che non attribuisco particolare rilevanza
all’argomento, perché, a prescindere dalle persone, considero prevalente su
ogni altra cosa il rinnovamento delle idee; ma tanto per seguire il
ragionamento presidenziale riferito alle persone, rilevo che il rinnovamento va
visto nelle sue reali dimensioni, altrimenti si offende l’intelligenza dei
lettori. Infatti, si può parlare di rinnovamento vero solo nel caso in cui
nell’organismo avviene un ricambio di persone; se invece le persone restano le
stesse cambiando solo carica, l’enfatizzato rinnovamento si riduce a un
fenomeno di modesto rilievo. Ognuno può raccontarla come vuole, ma i dati
oggettivi contano più delle opinioni ed offrono un quadro veritiero della
situazione: nel Comitato Direttivo nazionale cinque dei nove membri presi in
considerazione hanno già al loro attivo presenze nei precedenti Organi centrali
dell’Associazione, a prescindere dalla carica rivestita. Per alcuni di
essi la presenza dura da oltre tre lustri.
In fin dei conti, piaccia o no, il nuovo corso dell’ANSE
post Congresso assomiglia tanto a una situazione di stampo medievale, quando
c’erano le Signorie e le caste dominanti.
Qualcuno potrebbe obiettare che questo è il
ragionamento di chi ha perso le elezioni. Si tratterebbe di un’obiezione
pretestuosa e meschina per eludere l’argomento, perché chi rispetta la
democrazia - e il sottoscritto e i suoi amici sono sicuramente tra questi -
rispettano anche i verdetti, anche quando l’esito, come nel nostro caso, è già
scontato in partenza, in conseguenza della situazione ambientale voluta dal
Presidente e dal suo schieramento.
Non mi ritengo uno sconfitto, ma anche se, per mera
ipotesi, il mio fosse davvero il ragionamento dello sconfitto, cambierebbe
qualcosa nei fatti evidenziati? La risposta è no.
Fatti - sottolineo - e non opinioni, sui quali
chiunque abbia a cuore le sorti dell’Associazione dovrebbe porsi qualche
interrogativo.