20 novembre 2014

A proposito di revisione del Catasto

Il Governo, in attuazione della delega contenuta nella legge n. 23/2014, ha approvato il decreto legislativo del 10 novembre 2014, con il quale istituisce le commissioni censuarie, stabilendone la composizione.
La notizia non riveste grande interesse per i cittadini, trattandosi dell’emanazione di un provvedimento attuativo previsto dalla legge delega sulla riforma fiscale e quindi della revisione del Catasto, della quale erano stati a suo tempo ampiamente informati dai media.
Come cittadini siamo invece maggiormente interessati agli sviluppi futuri dell’operazione, che - si badi bene - non è un semplice aggiornamento di valori catastali, ma una riforma molto più ampia e articolata, i cui effetti però non saranno immediati. Parliamo, infatti, di sviluppi futuri, riferendoci ai tempi abbastanza lunghi, necessari per portare a termine la revisione. Al recente provvedimento sulle commissioni, dovrà seguirne un altro per stabilire il criterio di individuazione del valore patrimoniale medio degli immobili mediante l’applicazione di specifici algoritmi. Si potrà avviare quindi il censimento, che, si prevede, richiederà più anni, almeno cinque.

La nostra attenzione di cittadini si appunta sull’impatto che la revisione avrà sulle imposte gravanti sui fabbricati (Irpef e imposte comunali), alcune delle quali sono commisurate direttamente al valore patrimoniale degli immobili. È noto a tutti che la tassazione ha assunto ormai la connotazione di una vera e propria imposta patrimoniale, sia pure mascherata.
Poiché la revisione del Catasto dei fabbricati porterà ad attribuire a ciascuna unità immobiliare un valore patrimoniale e una rendita, un incremento oltre misura del valore patrimoniale farebbe ulteriormente lievitare l’attuale livello di tassazione, già molto elevato. È un pericolo concreto da non sottovalutare.
Senza trascurare che tassare i patrimoni in base al loro valore e non in base al reddito che sono in grado di produrre, significa, in termini pratici, operare contro il principio costituzionale che tutela il risparmio in tutte le sue forme. Una di queste forme è appunto rappresentata dal cosiddetto “mattone” in cui molti proprietari di immobili (di solito la casa in cui abitano) hanno investito i risparmi frutto dei proventi del loro lavoro, sui quali sono state regolarmente pagate le imposte.

Un’altra considerazione riguarda l’attribuzione ai fabbricati del valore patrimoniale calcolato non più in base al numero dei vani, ma alla superficie espressa in metri quadri, tenendo conto anche della collocazione e delle caratteristiche edilizie dell'immobile. Il nuovo criterio, cioè il passaggio dal numero dei vani ai metri quadri, visto da alcuni come la sanatoria di tutti i mali dell’attuale catasto, non è detto che determini sempre una maggiore equità. La classificazione in base alla superficie può anch’essa dar luogo a distorsioni, perché, per esempio, le tipologie edilizie dei fabbricati costruiti in passato abbondavano di ingressi e corridoi, che negli immobili di oggi non sono presenti.

Dopo la revisione del Catasto, alcuni immobili pagheranno di più e altri meno, ma in ogni caso a invarianza di pressione fiscale. Cosi è scritto nella legge delega, ma i contribuenti non sono completamente rassicurati da tale affermazione, anche perché nulla vieta che l’invarianza possa essere cancellata dal Governo mediante un semplice decreto.




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